Le leguminose vedono una ampia diffusione nel panorama delle produzioni agricole italiane, specialmente nel sistema di rotazione colturale, per il quale sono utilizzate allo scopo di favorire un arricchimento nel terreno di azoto, in seguito all’impoverimento causato dalla coltivazione di specie molto impattanti, soprattutto cereali.
Le lenticchie, la cui produzione negli anni ha subito una significativa riduzione, vengono comunemente suddivise in due sottospecie, la spp. Microsperma e la spp. Macrosperma. La spp. Microsperma ha semi di dimensioni ridotte (3-6 mm) e la pianta raggiunge un’altezza che varia tra 15 e 35 [cm]; la spp. Macrosperma è caratterizzata da semi grossi (6- 9 mm) e appiattiti, l’altezza della pianta varia da 75 a 75 [cm].

Ad oggi la famiglia delle leguminose comprende 650 generi e circa 18000 specie (https://www.nutrirsi.eu/nutrizione-vegetariana-alimenti-educazione/fabacee). Grazie all’elevato numero di specie, le leguminose soddisfano i bisogni nutritivi di uomini e di animali. Tra le leguminose, la lenticchia è coltura diffusa nelle aree svantaggiate a clima temperato, semiarido, dove, grazie alla brevità del ciclo biologico e al ciclo autunno-primaverile, nonostante la siccità ricorrente, riesce a dare produzioni soddisfacenti, di una granella di alto valore alimentare. Tuttavia, a causa di alcuni fattori anti nutrizionali presenti nella parte più esterna della lenticchia, si trovano sempre più frequentemente in commercio i legumi decorticati. La decorticazione viene eseguita per eliminare il tegumento, con conseguente riduzione della carica batterica, riduzione del contenuto in ceneri dagli sfarinati, e eliminazione di fattori antinutrizionali oltre che di effetti sgradevoli, come il meteorismo, legato proprio al transito intestinale del tegumento di cereali e leguminose.
Il progetto MILKBIOACTINCAPS, approvato dal MIPAAFT, prevede, tra le attività volte alla produzione di un integratore microincapsulato per la dieta di bovine da latte e per l’arricchimento del latte, l’utilizzo di cuticola di lenticchie, quale sottoprodotto da reimmettere nella catena alimentare, in un’ottica di sostenibilità ed economia circolare.
Per tale obiettivo, una delle attività consiste nella messa a punto di un prototipo di decorticatrice da impiegare per la produzione di lenticchia decorticata. La cuticola, differenziata per granulometria, viene successivamente utilizzata per l’estrazione dei tannini, ingrediente principale per la formulazione dei microincapsulati da utilizzare per l’alimentazione delle bovine da latte.
Proprietà nutrizionali della lenticchia
Le lenticchie sono note per il loro elevato potere nutritivo. Sono una buona fonte di proteine e di carboidrati complessi; sono inoltre molto ricche di ferro, fosforo e vitamine del gruppo B. Hanno buone proprietà antiossidanti; contengono infatti flavonoidi e niacina e tiamina (William et al., 2009; Zhang et al., 2015). Le lenticchie non contengono glutine e sono quindi adatte nella preparazione di alimenti per i celiaci. A proposito dei composti fenolici, la lenticchia ne è molto ricca. I composti fenolici sono metaboliti secondari, che differiscono dai metaboliti primari, poiché, non intervengono nei processi di assimilazione, respirazione, trasporto e differenziazione della pianta. Principalmente il loro compito è di garantire il sostegno meccanico, questo grazie alla lignina, suberina e altri costituenti. Di fungere da repellenti, per la protezione della pianta da erbivori e insetti, grazie alla produzione di messaggeri chimici come gli allelochimci. Naturalmente altra proprietà è quella di difendere la pianta da radiazione UV, lasciando passare le radiazioni del visibile indispensabili alla fotosintesi. Ed infine produrre composti come le antocianine (responsabili delle colorazioni) (Carratù & Sanzini, 2005) per attrarre impollinatori.
Le sostanze fenoliche rappresentano una famiglia vasta ed eterogenea, che però possiedono una caratteristica comune, di avere almeno in una sua parte, la presenza di un nucleo aromatico, l’anello benzoico, legato ad uno o più gruppi funzionali ossidrilici.
La grande varietà di strutture fenoliche riflette la diversificazione delle loro funzioni. I flavonoidi sono un gruppo di pigmenti vegetali responsabili in gran parte del colore di molti frutti e fiori. Recenti ricerche suggeriscono che essi possono essere utili nel trattamento e nella prevenzione di molte patologie, e che il contenuto fenolico totale è direttamente associato all’attività antiossidante (Amarowicz et al., 2004; Awika et al., 2003; Shahidi e Naczk, 2003). I flavonoidi sono stati classificati in sei sottogruppi (Tsao, 2010):
I. Isoflavoni (genisteina, daidzeina, gliciteina);
II. Antocianidine (cianidina, dlefinidina, malvidina, pelargonidina, peonidina, petunidina);
III. Flavoni (luteonina, apigenina, tangeritina);
IV. Flavonoli (quercitina, kaemferol, miricetina, isorhamnetin, pachypodol);
V. Flavanoni (hesteretin, naringenin, eriodictyol);
VI. Flavan-3-oli (catechine ed epicatechine).
I tessuti epidermici sono più ricchi di composti fenolici. Se si prendono in considerazione gli organi vegetativi, si osserva che essi contengono un tenore più elevato di flavonoidi e di tannini negli strati epidermici e sub-epidermici dei vari tessuti della pianta, per l’effetto induttore della luce sul metabolismo fenolico.
Nelle lenticchie la più alta concentrazione di composti fenolici è contenuta nel tegumento esterno, per questo motivo riveste notevole importanza il ruolo della cuticola.
Gli impianti di decorticazione
Sul mercato sono presenti numerosi esempi di decorticartici, ognuno con caratteristiche specifiche, e differenti modalità operative, ma prevalentemente progettate per lavorare sui cereali e sul riso, e non sulle leguminose.
La decorticazione viene attuata per eliminare il tegumento, che come anticipato in precedenza porta con sé alcuni fattori anti nutrizionali.
Vista la pratica della decorticazione, diffusasi molto negli ultimi anni, i prototipi in commercio, sia industriali che su scala medio-piccola, sono spesso funzionanti sulla base di impostazioni generiche standard, e offrono poco in termini di adattamento a singole specie di cereali. In linea di massima, comunque, le decorticatrici presenti sul mercato sono per lo più predisposte per cereali, rispetto ai legumi (Cavana G., 2007).
Decorticatrici per applicazioni di portata medio-piccola
Questa tipologia di macchine è diffusa principalmente in Medio Oriente, per la decorticatura del riso, e pertanto queste macchine sono spesso presenti addirittura in ambito domestico. L’ assetto prevede una tramoggia di carico fino a 30 kg, con produzione oraria fino a 100 kg/h.

Il modello di decorticatrice illustrato è il risultato della ricerca giapponese in fatto di lavorazione dei cereali, soprattutto riso.
La decorticatrice prevede, grazie al suo sistema innovativo di sgusciatura a rotore, l’apertura della glumella e la separazione dalla cariosside, poi grazie al ciclone di aspirazione incorporato, la glumella viene espulsa all’esterno. La decorticatrice permette di rimuovere la parte esterna dei principali cereali come: Risone, Orzo, Farro, Miglio, Quinoa e Sesamo. Viene fabbricata in diverse versioni a seconda della portata oraria che si desidera lavorare.
Le principali caratteristiche tecniche ed operative di queste macchine sono le seguenti:
- numero di giri standard del motore, di circa 2600 rpm;
- regolazione del ciclone di aspirazione;
- regolazione dell’uscita glumella;
- regolazione del flusso di prodotto grezzo;
- regolazione della raccolta della glumella e del decorticato.
Una delle prime accortezze per un corretto funzionamento della macchina è quella di verificare l’umidità del prodotto, poiché con umidità inferiore al 16% si può ottenere un prodotto troppo secco con eccessiva rottura del seme, e di conseguenza una decorticatura non ottimale.
I problemi che si possono riscontrare nel funzionamento di macchine di questa tipologia sono molti, come, ad esempio, le perdite di prodotto che fuoriesce dalla griglia di separazione, un flusso non ottimale, eccessiva rottura del decorticato, e difficoltà nell’impiego di griglie standard che non permettono la separazione ottimale di cereali con granulometrie differenti. Ma una delle problematiche più grandi è quella delle polveri emesse dalla macchina nell’ambiente, pertanto è necessario l’utilizzo prevalentemente in ambienti aperti o molto ampi.
Decorticatrici semi industriali
La categoria successiva a quella delle macchine per uso domestico o in aziende medio piccole è rappresentato dalle decorticatrici semi-industriali che consentono la risoluzione di alcune problematiche accennate in precedenza.
Questa tipologia di decorticatrice, con forma compatta e robusta, prevede il passaggio del decorticato alla separatrice che, a sua volta, fraziona tre sottoprodotti: i) seme sgusciato, ii) seme leggero e iii) lolla.

Naturalmente su queste macchine si può ottenere una produzione molto elevata, infatti si parla di 2.0-2.5 tonnellate/ora modelli con assorbimento fino a 2.5 kW, fino a 4.0-5.0 tonnellate/ore per assorbimenti fino a 5 kW. Infine, il problema delle polveri emesse dalla macchina viene superato, in considerazione del fatto che questa tipologia di macchina è a circuito chiuso, e le polveri vengono raccolte in un’apposita sezione e, successivamente evacuate.
Decorticatrici industriali
La decorticazione industriale opera in maniera ampiamente diversa rispetto alle macchine sviluppate per applicazioni di laboratorio, per uso familiare, e anche rispetto alle macchine semi industriali. In primo luogo queste macchine sono fisse e non sono mobili, sia per ragioni di sicurezza che per il loro peso, decisamente più impegnativo rispetto alle macchine di piccola taglia. Inoltre, questa tipologia d’impianto non permette la realizzazione della sola decorticazione, ma una sequenza di operazioni, grazie all’accoppiamento con altre macchine in linea.
Un esempio è la pulitura e cernita dei cereali, accoppiata al processo di decorticazione, oppure, dove previsto, la rottura e macinazione dei cereali. A questo riguardo l’assetto impiantistico deve tenere conto e prevedere il comportamento del cereale su tutto l’impianto. In modo schematico, nel processo tradizionale di macinazione la prima trasformazione che la cariosside subisce è una rottura: la crusca è gradualmente e progressivamente staccata dall’endosperma attraverso serie alternate di passaggi di separazione e macinazione. Dunque, lungo il processo, a diversi livelli, sfarinati e frazioni cruscali vengono generati e raccolti separatamente (Cavana, 2007).

La decorticazione si pone prima delle fasi del processo tradizionale, e per questo può essere considerata come un pretrattamento, in cui buona parte del tegumento viene rimossa attraverso un’azione abrasiva superficiale, prima della macinazione vera e propria. Solo una frazione minore, localizzata nel solco della cariosside, fisicamente inaccessibile all’abrasione, viene separata e allontanata nel corso del processo molitorio (Satake, 1990). La rimozione degli strati più esterni della cariosside mediante abrasione superficiale, non è di per sé originale in quanto è una tecnica antica e largamente diffusa nel trattamento dei cosiddetti semi a cariosside “vestita” come il riso, ma anche orzo e avena, i cui tegumenti di rivestimento non sono allontanati con la trebbiatura come avviene invece per il frumento.
In funzione dell’azione abrasiva più o meno intensa, si parla di abrasione o di perlatura (in inglese dehulling, pearling o peeling). L’effetto complessivo di abrasione è riconducibile alla somma di due componenti principali. La prima è il frizionamento, in cui l’azione abrasiva si genera principalmente dallo sfregamento della superficie delle cariossidi le une contro le altre durante il loro movimento attraverso le diverse parti dell’impianto. L’altra componente è l’abrasione propriamente detta, causata dall’attrito delle cariossidi contro apposite parti o superfici della macchina, solitamente costituite da masse in movimento fatte di materiale altamente abrasivo. In funzione dell’intensità dell’azione di abrasione desiderata, sono state messe a punto macchine prevalentemente basate sul frizionamento o sull’abrasione oppure altre in cui entrambe avvengono in sequenza in parti diverse della stessa macchina (Dexter et al., 1996).
Ai fini dell’ottenimento di una rimozione progressiva e controllata delle parti esterne della cariosside, sono state progettate decorticatrici basate su un processo multiplo in cui il prodotto alimentato attraversa più decorticatrici poste in serie, in ciascuna delle quali è rimosso mediamente il 3 – 4% delle frazioni esterne. Nel caso di impianti basati su tre passaggi di decorticazione, si arriva quindi a rimuovere un totale complessivo del 10 – 12%. Una decorticazione condotta attraverso questa gradualità, assicura un contenimento del rischio di perdita di endosperma amilifero nelle frazioni di decorticazione per rottura delle cariossidi o, a causa di un’azione abrasiva eccessiva, che arrivi ad intaccarne le parti più interne.

L’elemento distintivo per l’ottenimento dell’azione abrasiva è rappresentato dal rotore, un albero rotante verticale posizionato centralmente, su cui sono impilati una serie (da 6 a 8) di dischi cilindrici che vanno a comporre una superficie ruvida in movimento, in grado di abradere il prodotto che vi scorre sopra. Il tipo di materiale di cui sono fatte le mole e il grado di abrasività della loro superficie, sono ulteriori elementi che condizionano l’efficienza della decorticazione nonché la durata delle mole stesse. L’altro componente fondamentale è costituito dall’involucro cilindrico forato (mantello) che circonda il rotore. Il seme è forzatamente spinto a muoversi nello stretto spazio delimitato da una parte dalla superficie esterna delle mole e dall’altra da quella del mantello. In questo spazio, in posizione simmetrica, sono collocate due barre verticali (restrittori di flusso) con lo scopo di assicurare una distribuzione omogenea del seme e migliorarne il contatto con le mole abrasive. Le cariossidi subiscono quindi sia l’azione abrasiva diretta delle mole, sia quella di frizionamento causata dal loro sfregamento le une contro le altre e contro la superficie del mantello. I fori presenti su di esso assicurano l’allontanamento dalla massa del seme della crusca o delle frazioni esterne generate dal processo abrasivo, attraverso un apposito sistema di ventilazione che ne assicura l’aspirazione verso un filtro di raccolta esterno. Dispositivi di carico e scarico del materiale alimentato sono posti alla sommità e alla base della macchina, e consentono di regolare il tempo di permanenza nell’impianto e quindi l’intensità dell’azione abrasiva che può essere agevolmente controllata attraverso un sistema elettronico di gestione.
Si riportano, di seguito, alcuni link di approfondimento sulle macchine decorticatrici
Decorticatrice
https://www.iromitalia.com/prodotto/decorticatrice-per-cereali-otake-fc2r/
Bibliografia
-Erskine, W. (2009). The lentil: botany, production and uses. CABI.
-Zhang, Bing, et al. “Phenolic profiles of 20 Canadian lentil cultivars and their contribution to antioxidant activity and inhibitory effects on α-glucosidase and pancreatic lipase.” Food Chemistry 172 (2015): 862-872.
– Carratu, Brunella, and Elisabetta Sanzini. “Sostanze biologicamente attive presenti negli alimenti di origine vegetale.” Annali dell’Istituto Superiore di Sanità 41.1 (2005):7-16
– Amarowicz, Ryszard, et al. “Polyphenolics extracts from legume seeds: correlations between total antioxidant activity, total phenolics content, tannins content and astringency.” Journal of Food Lipids 11.4 (2004): 278-286.
– Awika, Joseph M., et al. “Screening methods to measure antioxidant activity of sorghum (Sorghum bicolor) and sorghum products.” Journal of agricultural and food chemistry 51.23 (2003): 6657-6662.
– Shahidi, Fereidoon, and Marian Naczk. Phenolics in food and nutraceuticals. CRC press, 2003.
– Tsao, Rong. “Chemistry and biochemistry of dietary polyphenols.” Nutrients 2.12 (2010): 1231-1246.
– Cavana G. “Una valutazione “sul campo” per la decorticazione”. Molini d’Italia (2007):53-55.
– Satake, R. S. “Debranning process is new approach in wheat milling.” World Grain 8.28 (1990): 30-32.
– Dexter, J. E., and P. J. Wood. “Recent applications of debranning of wheat before milling.” Trends in Food Science & Technology7.2 (1996): 35-41.
Francesco Genovese, Giuseppe Altieri e Giovanni Carlo Di Renzo
Contatti: francesco.genovese@unibas.it